Prima di procedere con la lettura, sfatiamo qualche luogo comune...
Dallo psicologo ci vanno i pazzi...
Ancora attualmente, purtroppo, si tende a pensare che dallo psicologo ci vadano i matti e questo preconcetto limita fortemente le possibilità delle persone di ricevere un aiuto qualificato per superare la loro situazione di malessere interiore.
Rivolgersi a uno psicologo non significa essere pazzi, né diversi, né anormali, ma, al contrario, vuol dire avere la sensibilità, la maturità e l’intelligenza di capire che se qualcosa non sta andando come dovrebbe e ci fa star male, probabilmente c’è bisogno dell’aiuto di un professionista per affrontare ciò che da soli non si riesce a fare.
Richiedere una consulenza psicologica vuol dire prendersi cura di sé al pari del rivolgersi a un medico per dei sintomi fisici.
E’ colpa mia se sto così: dovrei impegnarmi di più...
Non bisogna criticarsi, colpevolizzarsi, provare vergogna o sentirsi dei perdenti se con le proprie risorse personali non si riesce a superare la situazione di malessere che si sta attraversando. Non sempre è possibile farlo e non è questione di pigrizia o cattiva volontà o poca capacità.
A volte si è talmente dentro un problema che, accecati dalla sofferenza, si tende a perdere obiettività e ci si sente impotenti e schiacciati. Capita spesso, infatti, di essere più bravi con i problemi altrui che non con i propri. Questo è normale, poiché dall’esterno e con un minor coinvolgimento emotivo è più semplice analizzare le situazioni e trovare delle soluzioni.
Confrontarsi con i propri vissuti emotivi con l’aiuto di uno psicologo vuol dire imparare a gestirli e non lasciarsi sopraffare, uscire dalla situazione di impasse recuperando le proprie risorse e potenzialità momentaneamente inibite.
Ascoltare e curare un malessere attuale rappresenta inoltre un investimento sicuro e concreto sul proprio benessere futuro.
Perché andare dallo psicologo quando posso parlare con un amico?
Amici e familiari sono risorse essenziali e indispensabili punti di sostegno quando si ha un problema. Talvolta però, la nostra situazione personale può in qualche modo coinvolgere emotivamente o nel concreto i nostri cari, rendendo loro più difficile ascoltarci e offrirci un parere autentico e incondizionato.
Tutti hanno le proprie preoccupazioni e non sempre le persone accanto a noi, anche se disponibili a darci una mano, hanno la forza e le capacità di reggere ulteriori situazioni dolorose. Lo psicologo, invece, non solo è abituato a lavorare con la sofferenza umana, ma, soprattutto, ha le risorse professionali per saperla gestire.
Inoltre, ascolta e aiuta, ma non giudica. E’ vincolato al rigoroso rispetto del segreto professionale ed è maggiormente obiettivo, poiché non condizionato da un punto di vista affettivo e privo di interessi personali nell’esprimere un’opinione piuttosto che un’altra. Infine, mentre i consigli e i pareri degli amici o dei familiari nascono dal buon senso comune o dalle proprie esperienze personali, ciò che dice lo psicologo è frutto di anni di studio sul comportamento e le emozioni umane.
Dallo psicologo si fanno solo parole...
Alcune persone, sbagliando, ritengono che dallo psicologo ci si vada solo per sfogarsi e che il lavoro di quest’ultimo consista nel semplice ascoltare. Conseguentemente, non riescono a capire come una terapia fatta “solo di parole” possa essere efficace per risolvere problemi di natura emotiva e relazionale.
L’ascolto empatico e l’astensione dal giudizio sono certamente essenziali, ma non sono gli unici strumenti di lavoro.
La psicoterapia risulta quindi il trattamento di elezione per persone che soffrono di disagi emotivi e psicologici di varia natura, in quanto produce benefici reali, anche misurabili, riducendo sintomi e malessere attraverso l’apprendimento di modi di pensare, sentire e comportarsi più efficaci e funzionali.
Inoltre, numerose ricerche scientifiche basate sullo studio dei cambiamenti cerebrali dopo un trattamento di psicoterapia hanno dimostrato come la terapia psicologica (ovvero la “terapia della parola”) sia in grado di modificare il funzionamento del cervello al pari di un farmaco.